novembre 06, 2010

Centrale a biomasse di Russi Bazzoni

Il Resto Del Carlino – Ravenna – Centrale a biomasse di Russi Bazzoni: “Si cerchi un’alternativa”

http://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/cronaca/2010/11/04/409874-centrale_biomasse_russi.shtml

novembre 06, 2010

CENTRALE BIOMASSE DI RUSSI

L’IDV RIMANE CONTRARIO ALLA CENTRALE BIOMASSE DI RUSSI :
Italia dei Valori Ravenna

http://www.emiliaromagna.antoniodipietro.it/siti/ra/?p=307

novembre 06, 2010

Report 2010-2011 – Biomasse di massa

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2519dd8f-b735-4094-9cb8-3c85bf962e91.html

settembre 28, 2010

Blog di Beppe Grillo – Un click contro l’inceneritore di Ravenna

Schermata 2010-09-28 a 08.27.48VISITA IL BLOG
http://www.beppegrillo.it/2010/09/un_click_per_sa.html

settembre 14, 2010

Politica – Roncalceci: gassificatore, la Circoscrizione non rispetta regole

http://www.piunotizie.it/news/pagina1012996.html

settembre 14, 2010

L’inceneritore di Acerra ko da mesi

L’inceneritore di Acerra ko da mesi
Ma Impregilo vuole 350milioni dalla Regione

Berlusconi lo aveva presentato come l’arma per sconfiggere il problema della monnezza. Disse: “E’ un dono di Dio da ricostruire in quattro regioni italiane”

Nel dicembre scorso Guido Bertolaso dichiarava: “Il dato inconfutabile è che ci sono 6 discariche a norma, 7 impianti Stir attivi e un termovalorizzatore che funziona come un orologio svizzero, non inquina e produce reddito (…) Aver risolto questa emergenza è dunque per me la maggiore soddisfazione possibile”. Sanciva la fine dell’emergenza rifiuti in Campania, almeno sulla carta, e la fine della gestione commissariale da lui guidata nel ruolo di sottosegretario di governo.

Oggi, però, le cose non sembrano più così rosee. L’inceneritore, infatti, è quasi fermo. E per due giorni si è fermata anche la terza linea . Il miracolo è compiuto, l’impianto più grande d’Europa, inaugurato in pompa magna da Berlusconi e Bertolaso, è andato in ferie a settembre Solo una linea funzionava, una è chiusa per manutenzione, l’altra si è fermata per gravi problemi strutturali. Un simile quadro fa venire a galla tutte le preoccupazioni su un impianto che era vecchio già al momento dell’inaugurazione , anzi diciamo un pacco di rottami da riciclare in Campania. Era un impianto obsoleto già nel 1998, all’epoca della gara che assegnò la gestione degli impianti per il trattamento dei rifiuti in Campania e la realizzazione dell’inceneritore all’Impregilo e alle sue controllate. La Partenope ambiente, società dell’A2a che ora ha preso in gestione l’impianto, fa sapere che “siamo nella norma e sostanzialmente in linea con le previsioni, niente di preoccupante”.

A quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, l’impianto ha seri problemi di tenuta, e non riesce a garantire la combustione delle 2.000 tonnellate al giorno previste, basta leggere i dati sulle quantità bruciate forniti dalla stessa proprietà. Nel marzo 2009 Silvio Berlusconi, quando schiacciò il pulsante rosso per accendere l’inceneritore, dichiarò la fine dell’emergenza. Assicurava: “L’impianto è davvero impressionante. Funziona benissimo. Dall’immondizia si riuscirà a ricavare energia Berlusconi lo aveva presntato come un “dono di Dioelettrica pulita. Non inquinerà e sarà come tre auto di media cilindrata in moto”.

Nella zona di Acerra, Pantano dove sorge l’inceneritore, le polveri sottili, hanno sforato i limiti consentiti in ben 250 giorni su 500, secondi i dati Arpac (il limite è di 35 sforamenti annuali). In realtà al momento inquina meno di tre auto in moto, visto che, nel silenzio generale, funziona a scartamento molto ridotto. Ma il primo ministro pensava addirittura di esportarlo: “ Questo impianto è un dono di Dio, si tratta di un prototipo da ricostruire in almeno quattro regioni italiane”. Non pago Berlusconi parlò dei manager di Impregilo come degli eroi, manager sotto processo, insieme con l’ex commissario Antonio Bassolino, per la gestione dei rifiuti campani. Intanto, la società milanese vuole i soldi per la costruzione del megaforno. Si parla di una cifra superiore ai 350 milioni di euro ( secondo uno studio dell’Enea). Questi soldi potrebbero essere versati dalla Regione Campania a Impregilo. Tutto a carico dei cittadini. Oltre al danno, la beffa. Una valanga di soldi per l’inceneritore che non fa miracoli.

di Tommaso Sodano e Nello Trocchia

agosto 29, 2010

Discariche, lezione tedesca

Il Fatto quotidiano
Sabato 28 agosto 2010
Discariche, lezione tedesca
di Pierfranco Pellizzetti
La notizia è questa: in Germania il governo prevede di chiudere entro il 2012 tutte le discariche, grazie agli ottimi risultati raggiunti nella raccolta differenziata dei rifiuti. Teutonica efficienza? Certamente sì. Ma anche straordinario esempio di civismo da parte della popolazione tedesca. E pure una non trascurabile lezione per noi italiani, ancora lontani mille miglia da quella meta.
L’assunto del ragionamento seguente è che la gestione dell’igiene urbana – al di là dell’aspetto solo apparentemente secondario dell’argomento – può raccontarci qualcosa di assai importante persino sulla qualità della convivenza; sui valori o i disvalori presenti nel territorio, locale e nazionale. Perché, al di là delle capacità gestionali delle varie public utilities preposte all’azione amministrativa (molto variegata. Ad esempio in alcuni quartieri delle nostre città si sta perfino introducendo il porta-a-porta; situazione ben diversa da altri casi, dove la differenziata è pura e semplice simulazione truffaldina), l’operazione funziona esclusivamente grazie al coinvolgimento attivo dei cittadini. Grazie al diffondersi di una cultura del recupero e del riciclo, ben oltre la semplice eliminazione dalla vista del materiale di scarto; la convinzione interiorizzata e fattasi comportamento quotidiano che la cosa pubblica è “cosa di tutti”, non di qualcun altro. In altre parole, civicness; appunto, spirito civico.
Tra i mille problemi che affliggono il nostro Paese, quello della profonda carenza di civismo non è l’ultimo né il più trascurabile. Storia antica, del resto. Che trova convincenti spiegazioni nel tardivo e singolare processo di unificazione nazionale.
L’aggettivo patrio
Infatti ne conoscete un altro di popolo che usa l’aggettivo patrio per indicare un qualcosa di mal fatto o raffazzonato (“all’italiana”)? Situazione – tuttavia – che negli ultimi decenni è andata gravemente peggiorando. Di certo la politica ha dato il suo robusto contributo: dal dilagare del malcostume nelle pieghe del malaffare, grazie agli esempi diseducativi che ci fornisce quotidianamente il vertice supremo (presieduto da un personaggio come Silvio Berlusconi, che quanto a spirito civico…), all’irresponsabile opera di delegittimazione del sentimento unitario nazionale in cui si sono distinti gli sfasciacarrozze leghisti; alla predicazione presunta liberista tipo Thatcher che “la società non esiste”, tanto cara alle orecchie di una vasta neoborghesia di arrampicatori sociali. Indubbiamente. Però si può scorgere un aspetto ancora più profondo: l’esaurimento delle “grandi epopee” che nel dopoguerra avevano in qualche misura unificato il Paese producendo una sorta di fierezza d’appartenenza, ad oggi del tutto evaporate. Epopee economiche: dal “miracolo economico” trainato dall’investimento pubblico (partecipazioni Statali e politiche infrastrutturali. Ci sarebbe stato il boom della FIAT nella motorizzazione interna senza le realizzazioni autostradali del dopo ricostruzione?) a quella del paradigma distrettuale.
Modelli in via d’estinzione
Dunque, l’esaurimento di modelli che consentivano specializzazioni manifatturiere competitive il cui esito era l’inclusione di crescenti strati della nostra società nella fascia del benessere, trova risposta in una sorta di corsa al “si salvi chi può” a livello individuale: l’ulteriore “botta” al già tiepido civismo nostrano. Spesso per le generazioni più anziane questo si traduce in una sorta di favolistico “ritorno al passato”. Magari il ricordo idealizzato dell’antica solidarietà operaia nei quartieri un tempo industriali delle nostre città o il sogno di remote comunità di villaggio nelle periferie estreme.
Rimembranze volte a ripristinare appartenenza che valgono soltanto nel caso dei più anziani, ma che ormai hanno perduto ogni significato per le generazioni più giovani, a cui la parola “fabbrica” o i quadretti idilliaci di un “verde mondo agreste” (ormai sepolto sotto cumuli di rifiuti) non dicono più nulla; sono iconicamente inerti. Per questo credo abbia ragione Nichi Vendola (se ho capito bene) quando prospetta l’esigenza di “nuove narrazioni”. Così come ritengo che la grande, vera, questione nazionale non sia il Mezzogiorno o il Settentrione padano, come ci viene raccontato con interessata frequenza, quanto – piuttosto – quella giovanile; saldata con il degrado esplosivo di buona parte delle nostre periferie urbane. Perché le ricerche sul campo (chi scrive ne ha testé terminata una sul rapporto rifiuti-civismo. Da qui un certo “accaloramento” sul tema) dimostrano che siamo innanzi all’apocalisse dell’irrinunciabile lubrificante sociale che è la fiducia. Quando, prima o poi, si avvierà la nuova ricostruzione del Paese, dovremo prestare grande attenzione al ripristino di questa sorta di capitale sociale. Che nella microfisica dei gesti quotidiani si traduce anche nel non trasformare le nostre strade in pattumiere di cartacce, deiezioni animali non raccolte e pacchetti di sigarette appallottolati. Il dio dei laici non voglia sia troppo tardi.

agosto 26, 2010

Due buone notizie – PET riciclato

settore_petDue notizie importanti sul fronte della riduzione della produzione di rifiuti e “due calci negli stinchi” agli amici degli inceneritori.
Il Ministero della salute con il Decreto 19 maggio 2010 n 113 ha autorizzato,  a partire dal 5 agosto 2010, l’uso di PET riciclato per la produzione di nuovi imballaggi contenenti alimenti.
Il PET ( Poli Etilen Tereftalato) è il polimero usato per le bottiglie di acqua, bevande gasate, latte. In Italia ogni anno oltre 300.000 tonnellate di questi imballaggi, subito dopo l’uso, diventa rifiuto, con la felicità dei gestori di inceneritori , visto l’alto potere calorifico di questo polimero.
Grazie al Decreto, si apre un nuovo e più remunerativo mercato al PET post consumo; oltre a maglie in “Pile”, le bottiglie raccolte in modo differenziato possono ritornare a diventare bottiglie, un processo di rilevate interesse economico per le aziende del settore.
La prima azienda italiana ad immettere in commercio bottiglie realizzate in parte con PET riciclato sarà la San Pellegrino. Questa decisione si affianca ad un precedente “sdoganamento”, avvenuto qualche anno fa, e che ha riguardato le cassette per frutta e verdura  in polietilene,  un altro prodotto “usa e getta”  che viene sottratto alla “cremazione” obbligata. Anche in questo caso motivi igienici non documentati  ne vietavano il riuso, ma studi dell’Istituto Superiore di Sanità hanno escluso ogni pericolo a patto che le cassette in polietilene siano separate alla fonte con  una raccolta differenziata di qualità.
E qui viene “a fagiolo” una bella idea di una grande azienda, la “San Benedetto” , che ha siglato un accordo con alcuni supermercati  che si sono organizzati per raccogliere direttamente dalle mani dei loro clienti, al momento del loro ingresso,  le bottiglie usate in PET. In cambio i cittadini riceveranno  punti fedeltà per ogni botttiglia consegnata che potranno utilizzare  per i loro acquisti. Non esistono limiti al fatto che iniziative di questo tipo si estendano a tutta la grande distribuzione nazionale ( ci piacerebbe sentire che fa la COOP) che certamente ha personale e spazi da dedicare a questa iniziativa. So per certo che i produttori nazionali di PET sono pronti a ritrattare nelle loro aziende tutto il PET post consumo che possa derivare da queste raccolte di qualità  le quali avranno un costo bassissimo, visto che lavaggio,  selezione,  raccolta e trasporto saranno a carico dei cittadini. Ricordo infine che per una tonnellata di PET monomateriale raccolto con questo sistema il Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) riconosce un contributo di 314 euro, più che sufficienti per pagare i costi per i punti fedeltà e il trasporto al riutilizzatore finale. E ogni tonnellata di PET riutilizzato sarà una tonnellata in meno di ottimo combustibile sottratto ai “crematori con recupero energetico”.

agosto 24, 2010

Porta a porta, raccolta differenziata al 55%

A circa un mese e mezzo dall’introduzione del servizio integrale di raccolta porta a porta dei rifiuti nel centro storico di Bagnacavallo, l’assessore alle Politiche Ambientali, Matteo Giacomoni, esprime la sua soddisfazione.

Il progetto prevedeva il potenziamento a partire da luglio del servizio di raccolta porta a porta nel centro storico mediante l’estensione della raccolta domiciliare a tutte le tipologie di rifiuti, inclusi plastica e vetro che in precedenza venivano raccolti con campane stradali. Circa 1.950 sono i residenti interessati dal progetto, oltre a 300 utenze non domestiche, per una produzione complessiva di rifiuti che si aggira intorno alle 350 tonnellate annue…
http://www.ravenna24ore.it/news/lugo/bagnacavallo/008682-porta-porta-raccolt
a-differenziata-al-55

agosto 24, 2010

Due buone notizie

Due notizie importanti sul fronte della riduzione della produzione di
rifiuti e “due calci negli stinchi” agli amici degli inceneritori.
Il Ministero della salute con il Decreto 19 maggio 2010 n 113 ha
autorizzato,  a partire dal 5 agosto 2010, l’uso di PET riciclato per la
produzione di nuovi imballaggi contenenti alimenti.
Il PET ( Poli Etilen Tereftalato) è il polimero usato per le bottiglie di
acqua, bevande gasate, latte. In Italia ogni anno oltre 300.000 tonnellate
di questi imballaggi, subito dopo l’uso, diventa rifiuto, con la felicità
dei gestori di inceneritori , visto l’alto potere calorifico di questo
polimero.
Grazie al Decreto, si apre un nuovo e più remunerativo mercato al PET post
consumo; oltre a maglie in “Pile”, le bottiglie raccolte in modo
differenziato possono ritornare a diventare bottiglie, un processo di
rilevate interesse economico per le aziende del settore.
La prima azienda italiana ad immettere in commercio bottiglie realizzate in
parte con PET riciclato sarà la San Pellegrino.
Questa decisione si affianca ad un precedente “sdoganamento”, avvenuto
qualche anno fa, e che ha riguardato le cassette per frutta e verdura  in
polietilene,  un altro prodotto “usa e getta”  che viene sottratto alla
“cremazione” obbligata.
Anche in questo caso motivi igienici non documentati  ne vietavano il riuso,
ma studi dell’Istituto Superiore di Sanità hanno escluso ogni pericolo a
patto che le cassette in polietilene siano separate alla fonte con  una
raccolta differenziata di qualità.
E qui viene “a fagiolo” una bella idea di una grande azienda, la “San
Benedetto” , che ha siglato un accordo con alcuni supermercati  che si sono
organizzati per raccogliere direttamente dalle mani dei loro clienti, al
momento del loro ingresso,  le bottiglie usate in PET.
In cambio i cittadini riceveranno  punti fedeltà per ogni botttiglia
consegnata che potranno utilizzare  per i loro acquisti.
Non esistono limiti al fatto che iniziative di questo tipo si estendano a
tutta la grande distribuzione nazionale ( ci piacerebbe sentire che fa la
COOP) che certamente ha personale e spazi da dedicare a questa iniziativa.
So per certo che i produttori nazionali di PET sono pronti a ritrattare
nelle loro aziende tutto il PET post consumo che possa derivare da queste
raccolte di qualità  le quali avranno un costo bassissimo, visto che
lavaggio,  selezione,  raccolta e trasporto saranno a carico dei cittadini.
Ricordo infine che per una tonnellata di PET monomateriale raccolto con
questo sistema il Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) riconosce un
contributo di 314 euro, più che sufficienti per pagare i costi per i punti
fedeltà e il trasporto al riutilizzatore finale.
E ogni tonnellata di PET riutilizzato sarà una tonnellata in meno di ottimo
combustibile sottratto ai “crematori con recupero energetico”.