agosto 15, 2010

…”Che fine ha fatto il bosco di Hera?”

inceneritore-230FORLI’ – Che fine hanno fatto gli otto ettari di bosco che sarebbe dovuto nascere come opera compensativa per il nuovo inceneritore? E’ la domanda che si pone l’associazione ecologista ClanDestino: “Come imposto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dell’aprile 2008, Hera doveva provvedere entro il 31 marzo 2009 ad effettuare una piantumazione di alberi per un totale di 8 ettari, con lo scopo di  mitigare l’impatto ambientale causato dalle emissioni del nuovo inceneritore”. http://www.romagnaoggi.it/forli/2010/8/8/168846/

agosto 15, 2010

FORLI’, IMPIANTI FOTOVOLTAICI PER ALIMENTARE I BUS

16:42 07 AGO 2010 
http://www.agi.it/bologna/notizie/
(AGI) – Forli’-Cesena, 7 ago. – La luce del sole come fonte di energia per muovere gli autobus pubblici. E’ l’obiettivo del progetto “Green2 Trasportation”, messo a punto da “RInnova Romagna Innovazione” per conto del Consorzio ATR Forli’-Cesena, che prevede l’installazione di impianti per la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili nei depositi ATR di Forli’ e Cesena. ATR ha assegnato dopo due distinte gare l’appalto integrato per la progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori alla Ditta F.lli Franchini srl di Rimini. La consegna dei lavori nei due impianti e’ avvenuta nei giorni scorsi, e la previsione e’ quella di vederli completati entro settembre, con produzione di energia elettrica a pieno regime entro la fine del 2010.
“Green2 Trasportation” interviene sui depositi degli autobus di Forli’ e di Cesena con l’installazione di pannelli solari sui tetti degli edifici, tali da generare energia pronta per essere utilizzata dai bus elettrici. Evidenti i vantaggi ambientali, grazie alla minore emissione di gas inquinanti nell’aria, in particolare TEP (tonnellata equivalente di petrolio necessario in Italia per la produzione di circa 5350 kWh) e CO2 (anidride carbonica). I due impianti fotovoltaici faranno risparmiare all’aria di Forli’ e Cesena 121 tonnellate di CO2 all’anno: non poche, se si considera che una tonnellata di questo gas corrisponde alle emissioni prodotte da un’automobile di medie dimensioni in 7 mila chilometri di marcia. Non secondario appare poi il risparmio economico previsto, grazie agli incentivi del Conto Energia. (AGI) Mir

agosto 07, 2010

“CHE FINE HA FATTO IL BOSCO DI HERA?”

imagesCome imposto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dell’aprile 2008, Hera doveva provvedere entro il 31 marzo 2009 ad effettuare una piantumazione di alberi per un totale di 8 ettari, con lo scopo di  mitigare l’impatto ambientale causato dalle emissioni del nuovo inceneritore.
Premesso che per mitigare tali emissioni ci vorrebbe quasi metà del Parco delle foreste Casentinesi, siamo a metà agosto 2010 e ancora non sono state completate le piantumazioni, anzi per la precisione sembra che ancora non siano stati acquisiti tutti i terreni per raggiungere gli 8 ettari imposti.

Ciò che vogliamo mettere in evidenza è che le prescrizioni in merito non sono state assolutamente rispettate né nella tempistica imposta, né nella metodologia.

Per quanto riguarda la tempistica già dal momento del deposito, da parte di Hera, dell’elenco delle aree che sarebbero state utilizzate per la piantumazione si è aperta una grossa discussione nella zona del Ronco fra i proprietari dei terreni, che non avevano nessuna intenzione di cederli o venderli, e la holding.  Discussione che ad oltre due anni di distanza forse ha trovato una soluzione, ma che non ha fatto rispettare i vincoli temporali e, cosa assai grave, non ci risulta che alcuno degli organi preposti al controllo abbia evidenziato questo fatto e non sia stata commissionata nessuna sanzione. Come purtroppo spesso accade non ci sono né controllori né controllati e queste Società la fanno sempre franca.

Per quanto riguarda la metodologia vogliamo far notare che andando a controllare gli alberi piantati nei terreni in Via Costanzo II, a più di un anno di distanza, le loro dimensioni sono poco più grandi di miseri arbusti, spesso sepolti dall’erba. Stessa cosa per gli altri piantati lungo la via Bagnolina, mentre quelli dietro l’interporto sono completamente sepolti sotto le erbacce, quindi non si riesce nemmeno a capire se abbiano attecchito. In alcuni terreni sono stati piantati alberi talmente vicini gli uni agli altri che si sono seccati subito, mentre in taluni casi siamo addirittura al paradosso perché, se mai cresceranno i nuovi alberi piantati, dovranno esserne abbattuti alcuni già esistenti per far loro spazio…ma allora Hera vuole creare un bosco o fare legna da bruciare?

A questo punto viene spontaneo porsi alcune domande: che effetto migliorativo possono aver avuto queste piccoli piante mal cresciute sulle emissioni dell’inceneritore in questi due anni?
Quanto tempo dovrà ancora passare perché la prescrizione raggiunga veramente il suo scopo? 10 anni? Nel frattempo quante persone ancora si dovranno ammalare?
Quanta CO2  non è stata captata e assorbita da questi rametti?
Conoscendo bene, grazie all’ampia letteratura in merito, la pericolosità di questa sostanza sulla salute e sull’ambiente perché non è stato effettuato nessun controllo rigoroso?

Visto che la Comunità Europea ha approntato un programma che riesce a calcolare esattamente il costo sanitario causato dalle emissioni di questi impianti, chiediamo che venga fatto questo calcolo e commissionata ad Hera una multa di pari importo, in modo da dimostrarci almeno una volta che non solo i cittadini che non rispettano le regole vengono multati.
Chiediamo, inoltre, a questo proposito che la Procura si occupi sia del mancato rispetto delle prescrizioni, sia del mancato controllo da parte degli Enti preposti perché riteniamo non essere giusto nei confronti della cittadinanza la non applicazione di tutte le precauzioni possibili per la tutela della salute.

ASSOCIAZIONE CLAN-DESTINO
347-4162742

luglio 26, 2010

Mozzarella blu. Granarolo sapeva e taceva?

Fonte: http://www.aduc.it/notizia/mozzarella+blu+granarolo+sapeva+taceva_119251.php
Un sopralluogo nella sede della Granarolo, una delle piu’ conosciute industrie alimentari italiane, ha permesso alla procura di Torino di raccogliere prove importanti sulla situazione della ditta tedesca che ha prodotto le ‘mozzarelle blu’: i tecnici della Granarolo, infatti, si erano accorti che in quell’azienda non tutto funzionava a regola d’arte, e avevano scritto i loro dubbi su documenti ora raccolti dagli investigatori. La scoperta e’ stata fatta ieri dagli ispettori di polizia giudiziaria inviati dal pm Raffaele Guariniello nella sede della societa’ italiana.
Granarolo ha avuto frequenti contatti con la Milchwerk Jager Gmbh, dalla quale acquistava del formaggio a pasta filata poi rivenduto come provola dolce. Nel corso degli anni sono stati fatti numerosi ‘audit’ (valutazioni e controlli di dati e procedure) da cui risulta che la ditta tedesca, secondo gli emissari della stessa Granarolo, non rispettava gli standard: nelle carte si parla di ‘non conformita”. In uno dei documenti si puo’ leggere che la Jager, pur ammettendo i rilievi mossi dagli italiani, li ha lasciati ‘irrisolti’ o ‘risolti solo in parte’. Dal materiale raccolto dagli investigatori risulterebbe che Granarolo ha continuato a fare acquisti in Germania perche’ era troppo difficile trovare un altro fornitore.
A partire dallo scorso maggio, nel prodotto – di origine tedesca – ci sono state delle segnalazioni in cui si lamenta la presenza di muffe.

luglio 24, 2010

“Cosa respirano i ravennati per la centrale Enipower?”

romagnaoggi.it (http://www.romagnaoggi.it/ravenna/2010/7/23/167468/)
RAVENNA – Apprendiamo dalla stampa locale con notizie date in pompa magna , come  il Comune di Ravenna nelle persone del Sindaco, dell’Assessore alla Cultura e al Bilancio, Alberto Cassani, e l’Amministratore Delegato di Enipower SpA, Giovanni Milani. abbiano firmato un accordo che prevede che L’azienda si renda disponibile ad erogare al Comune di Ravenna un “contributo” di 675.000 euro per il sostegno delle manifestazioni cittadine nell’ambito della cultura, dell’arte e dello spettacolo.

luglio 19, 2010

Vacanze al mare, allarme per le ciambelle per bambini

salvagenteDivertenti e colorati. Ma molto spesso pericolosi. Materassini, canotti, ciambelle e i vari galleggianti dalle più diverse forme che affollano le spiagge e le piscine sono spesso un serbatoio di sostanze tossiche, particolarmente aggressive nei confronti dei bambini. È questa la denuncia del test che il settimanale il Salvagente pubblica nel numero in edicola da domani – e in vendita da oggi nel nostro negozio on line – con tutti i nomi dei prodotti che possono mettere in pericolo i nostri bambini. Alcuni modelli analizzati, infatti, sono persino progettati male: concepiti per i più piccoli, ne mettono a rischio la vita in acqua.
È per questo l’ente certificatore tedesco Tüv Rheinland, che ha sottoposto ad accurate prove i 28 articoli di galleggiamento acquistati poche settimane fa in alcune località di villeggiatura italiane,  ne ha bocciati 13, quasi la metà.

Un pieno di chimica
Il campione di squali, ciambelle, automobili e materassini galleggianti è stato raccolto negli stessi punti vendita che frequentano le famiglie. Nei grandi magazzini, nei negozi che traboccano di gonfiabili a pochi metri dalla spiaggia, ma anche dagli ambulanti, che arrivano in riva al mare con il loro carico colorato e attirano i bambini come il miele con le mosche.

Meglio quelli dei grandi magazzini
Tutti i prodotti campionati sono made in China, ma – forse è solo per caso – il canale di vendita si è dimostrato influente nel diverso grado di sicurezza dei prodotti. Molte volte a norma nei grandi magazzini, i galleggianti sono risultati più spesso scarsi e pessimi rispettivamente negli altri due punti, i piccoli negozi e gli ambulanti.

Troppo flatati, sono cancerogeni
Nel 60% dei casi, la stroncatura dipende dalla presenza di ftalati, composti chimici aggiunti alla plastica per renderla morbida. Ma che sono riconosciuti come pericolosi perturbatori endocrini: rappresentano una seria minaccia per l’equilibrio ormonale dei bambini e un’ipoteca pesante sulla loro riproduzione da adulti.
In ben 8 dei 13 bocciati gli ftalati superano il tetto di 0,1 mg/kg ammesso dalla norma. In un solo caso, nel Fish Ring, la dose velenosa si trova “soltanto” sulla plastica con cui è realizzato l’oggetto. Ma nei restanti 7 casi è presente persino nel beccuccio della valvola, con la conseguenza di esporre il bambino all’ingestione della sostanza tossica ogni volta che gonfia il galleggiante.

I bocciati
A smerciare giocattoli d’acqua velenosi sono in tanti. E spesso si tratta di aziende italiane, che comprano in Cina senza curarsi della sicurezza di ciò che portano sulle nostre spiagge.
Nel test, il caso più eclatante riguarda Giochi Preziosi, marchio nato nel 1978 e leader del mercato dei giocattoli. Si comporta bene con 4 dei 5 prodotti testati, tra i quali alcuni accompagnati da personaggi “cult”, come Hello Kitty e i Gormiti, ma scivola tra i peggiori con il suo pesce martello contenente ftalati.
E ancora, sono bocciati entrambi i prodotti dell’importatore pugliese General Trade, il Dinosaur Rider della bergamasca Tercom e la ciambella di Spider Man importata dalla Mondo di Cuneo.
Un caso a parte riguarda la Plast Point New, azienda padovana, che da oltre 30 anni lavora nel settore dei gonfiabili: firma tre dei cinque seggiolini galleggianti bocciati senza appello dal Tüv perché mettono a rischio la vita dei bambini.

Rischio annegamento
“I produttori dovrebbero vedere i filmati delle prove per rendersi conto del pericolo”, dice Nicola Berruti, responsabile del dipartimento Prodotti del Tüv Italia. Il riferimento è ai seggiolini salvagente, appannaggio dei più piccoli, ma qualificabili come un attentato: nelle prove condotte dall’ente certificatore tedesco, questi galleggianti si sono sempre ribaltati, mandando sott’acqua il manichino. Se ci fosse stato un bambino senza un adulto accanto sarebbe annegato.

Norme non osservate
La superficialità con cui vengono importati e messi in commercio prodotti così a rischio è enorme: non è tenuta in alcun conto la norma europea dedicata a questo tipo di salvagente, la En 13138-3. E questo dipende anche da mere considerazioni di convenienza economica. Spiega Berruti: “Verificare la sicurezza di un materassino costa circa 800 euro, per una mutandina galleggiante serve il triplo”.

Progettazione errata
Il problema riscontrato è prima di tutto la errata progettazione: la mutandina è troppo alta e non immerge a sufficienza il piccolo ospite. In queste condizioni basta che il bambino si sporga un po’ per finire in acqua, con le gambe bloccate dall’imbraco.
Tutti i seggiolini testati sono irregolari: secondo la norma europea dovrebbero avere due camere d’aria e invece ne hanno soltanto una. Non dovrebbero avere un aspetto attraente per i bambini, e invece sono confezionati come i giocattoli, a forma di automobilina con tanto di volante, per esempio. Giocose trappole mortali.

luglio 13, 2010

Scorie a Coccolia – Cinzia Pasi lancia un segnale d’allarme

Pubblichiamo la nota dell’associazione Clan-Destino. “Arpa renda pubblici i risultati delle analisi e il sito sia messo immediatamente in sicurezza! Era il 2007 ed alcuni aderenti all’Associazione Clan-Destino segnalavano questi sacchi, alcuni recanti marchio di una nota azienda milanese che produce impianti per la siderurgia, abbandonati a ridosso del centro abitato di Coccolia.
Di questi si è recentemente nuovamente occupata la stampa, evidenziando il ruolo di aziende locali e non, tutte coinvolte in questo “affaire” che sarebbe stato messo in piedi mirando al risparmio rispetto ad una corretta gestione e smaltimento di tali rifiuti.
Pare trattarsi infatti di ben 2.500 tonnellate tra scarti di fonderia (12.596 ton ) e scorie di caldaia (piu’ di 871 tonnellate) e cosidette ” ceneri pesanti”, residuo di combustioni, che come tutte le ceneri sono un concentrato di possibili sostanze tossiche… LEGGI L’ARTICOLO

luglio 13, 2010

La politica inceneritorista deve dimettersi

L’inceneritore di Pietrasanta è chiuso, posto sotto sequestro dalla Maggistratura, 6 dirigenti sono sotto inchiesta. Gravissimi i danni all’ambiente e alla salute i comitati che si battono da anni denunciando la pericolosità e inutilità di questi impianti, chiedono la chiusura definitiva
Anche l’inceneritore di Montale è sotto processo, però in questo caso purtroppo…. niente sigilli, e questo nonostante siano stati accertati altissimi livelli di contaminazione nei cibi (polli, uova, carne di manzo ecc) e anche nell’acqua, gli organi di controllo ARPAT e ASL si barcamenano cercando mille scuse per non proporre ai Sindaci le ordinanze di divieto di consumo e commercializzazione dei cibi contaminati, la Provincia, non revoca l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto, i Sindaci (proprietari dell’inceneriotre) chiedono di non dover rispondere dei danni ai cittadini nel caso in cui il processo in corso arrivasse ad emettere condanne penali per la gravissima contaminazione verificatasi nel 2007.

Rassegna stampa 2010

giugno 30, 2010

Ex Eridania, Clan-Destino

Ex Eridania, Clan-Destino: “Coldiretti ammaliata dalle lobbies industriali”

“La nostra associazione – scrivono da Clan-Destino – ha da sempre sostenuto che la mancanza di un accordo di filiera sottoscritto con le associazioni agricole fosse un forte impedimento all’attuazione dell’accordo di riconversione ex Eridania. I contratti di approvvigionamento di biomassa da ‘filiera corta’ entro i 70 km., reperiti in quantità esigua, sono stati sempre e solo millantati da PowerCrop e, nonostante l’Accordo di Riconversione lo prevedesse, anche se richiesti, non sono mai stati resi pubblicamente noti”. http://www.lugonotizie.it/main/index.php?id_pag=133&id_blog_post=3510

giugno 30, 2010

L’odissea della centrale a biomasse di Russi

http://www.sottobosco.info/
Scritto da Alessandro Kostis
Domenica 20 Giugno 2010 19:37
Dieci anni fa in Italia si contavano una ventina di zuccherifici. Oggi ne rimangono solo quattro. La riforma OCM sullo zucchero voluta dall’Unione Europea ha infatti drasticamente ridotto le superfici bieticole nazionali e imposto la chiusura di 12 stabilimenti, offrendo in cambio una generosa contropartita economica.

L’impianto di Eridania a Russi, in provincia di Ravenna, è uno di questi. Una chiusura che ha gravato su 150 lavoratori interni, senza dimenticare gli agricoltori di barbabietole che hanno dovuto convertire la loro produzione. Chiuso l’impianto, si è pensato di convertirlo in una centrale energetica a biomasse. Il tutto contando anche sui sussidi europei.