marzo 24, 2011

Giorgio Celli – La Moria di Tortore

Giorgio Celli - La Moria di Tortore

febbraio 23, 2011

Voli radioattivi: all’uranio impoverito

Atterrano e decollano in Italia: migliaia di chilogrammi di uranio impoverito volano ogni giorno sulle nostre teste. La stima è per difetto perché non include velivoli militari della Nato, l’Est europeo e compagnie aeree di mezzo mondo. «Per molti anni è stato usato uranio impoverito su aerei ed elicotteri», segnalava già in una circolare del dicembre 1984, la Federal Aviation Administration (l’ente americano per la sicurezza del volo), raccomandando le precauzioni da seguire in caso di incidente.
Per quale ragione? “Il ‘depleted uranium’ ha un peso specifico quasi doppio rispetto al piombo e quindi consente di avere grossi pesi in spazi ridotti” spiega il  Massimo Zucchetti, docente al Politecnico di Torino.

Il metallo del  ‘disonore’ è ottenuto come scarto dall’estrazione dell’uranio 235, utilizzato come combustibile nelle centrali nucleari. Seppure impoverito, tuttavia, l’uranio resta pericoloso. Il suo tempo di dimezzamento è pari a 4,4 miliardi di anni. «In caso di impatto, l’uranio impoverito tende a  infiammarsi, creando una nuvola di polvere di ossido d’uranio. Se ingerito, inalato o incorporato l’uranio 238 attacca renipolmoni efegato causando danni alle cellule con un aumento del rischio di cancro» scrive il professor Zucchetti.

Continua a leggere su: http://costruendo.lindro.it/2011/02/18/voli-radioattivi-all’uranio-impoverito/

gennaio 17, 2011

Servono veterinari per Cervia e Russi

“Al nostro precedente appello per il rinnovo della convenzione del servizio di reperibilità zooiatrica per Cervia e Russi, non è seguita alcuna risposta né in modo diretto né a mezzo stampa. Quali associazioni e cittadini siamo tutt’ora preoccupati poiché dal 1 gennaio in detti Comuni se un animale starà male di notte non si saprà dove sbattere la testa. Pertanto CHIEDIAMO nuovamente il rinnovo della convenzione che tra l’altro al Comune costa 1.300 euro l’anno, quindi una cifra esigua. Nel frattempo informeremo i cittadini tramite volantinaggio a Cervia e a Russi”.

Animal Liberation
Animal Freedom
Cruelty Free
Clan-Destino
Lega per l’abolizione della caccia
L’Occhio Verde
Ravenna Punto a Capo

http://www.piunotizie.it/news/pagina1015229-3984.html

settembre 26, 2010

Telefonia mobile e proteine da shock termico

Telefonia mobile e proteine da shock termico RADIAZIONI DA TELEFONIA MOBILE
E STIMOLAZIONE DI PROTEINE DA SHOCK TERMICO Tratto da “Bambini e cellulari,
un incontro pericoloso” del gruppo di ricerca Kompetenzinitiative –
www.buergerwelle.it .
“Panoramica sulla ricerca inerente agli effetti biologici Numerosi risultati
offerti dalla ricerca non lasciano più spazio a dubbi: sia i campi magnetici
di bassa intensità, sia le radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza,
nell’ordine di grandezza impiegato nelle comunicazioni della telefonia
mobile, POSSONO DARE ORIGINE A MOLECOLE DANNOSE (RADICALI LIBERI).
Un indicatore della reazione allo stress provocato: le proteine HSP In tutti
gli esseri viventi è dato riscontrare un’attivazione di proteine causata da
shock termico ogniqualvolta le cellule devono affrontare una situazione di
stress. Per questo motivo si ricorre a tali proteine considerandole
generalmente un buon indicatore della presenza di stress. Esse però
rappresentano anche un importante fattore individuato alla base
dell’insorgenza di affezioni tumorali, in quanto RIESCONO A RALLENTARE LA
MORTE DELLE CELLULE DIFETTOSE E RENDERE REISTENTI LE CELLULE TUMORALI
rispetto all’azione di selezione operata dal sistema immunitario. Così viene
sollecitato l’estendersi di metastasi. L’osservazione di quanto avviene in
conseguenza a radiazioni prodotte dalla telefonia mobile ci offre una
conferma di quanto ora esposto: sia questo tipo di radiazioni, sia più in
generale le onde elettromagnetiche ad alta frequenza possono stimolare la
produzione di proteine da shock termico.
Le reazioni conseguenti a tale stress ossidativo non si limitano al
contingente, ma inficiano addirittura la generazione futura.”
Tratto dal “Nuovo sommario” del Prof. Angelo Levis (pag.11-12) “Meccanismi
d’azione delle RF (radiofrequenze) – La capacità delle RF di agire sulla
base di INIZIAZIONE e/o PROMOZIONE della cancerogenesi è dimostrata dalla
varietà di effetti genetici ed epigenetici, attivazione di oncogeni,
alterazione della trascrizione del DNA, modificazioni di proteine funzionali
ed enzimatiche, danni al DNA, aberrazioni cromosomiche classiche,
micronuclei, scambi tra cromatidi fratelli, mutazioni in cellule somatiche.
Anche accelerazione della divisione cellulare, induzione delle proteine da
stress e accumulo di radicali liberi e perossidi. Fenomeni, questi, che
caratterizzano lo sviluppo della maggior parte dei tumori umani.”

settembre 14, 2010

La disinformazione sul nucleare

Disinformazione nucleare In questi giorni stampa, radio e Tv hanno preso lo spunto da un rapporto presentato nel workshop Ambrosetti per inondarci di servizi sulla bontà e sulla economicità del nucleare. In realtà, il report citato, che ha la pretesa di essere imparziale, è pieno di dati superati e a volte fantasiosi, soprattutto quando affronta gli aspetti economici. Non è difficile immaginare quindi chi lo abbia commissionato.

“Prezzi dell’elettricità europei e quindi più bassi del 25-30%”, così Federico Rendina inizia un articolo a piena pagina sul Sole 24 Ore del 6 settembre a commento del workshop Ambrosetti sul ritorno dell’atomo in Italia. “Con il nucleare 11 miliardi di risparmi”, titola La Stampa, riferendosi allo stesso incontro. Radio e televisioni hanno preso lo spunto del mediatico workshop per inondarci di servizi sulla bontà e sulla economicità del nucleare.

Incuriositi da queste notizie in controtendenza rispetto ad un contesto problematico che sta rallentando il tentativo di rilancio nucleare nel mondo, siamo andati a leggere il rapporto in questione. Si tratta di un incredibile esempio da scuola di manipolazione delle idee.

Innanzitutto la pretesa di imparzialità. “Nella elaborazione dei contenuti sono state considerate le fonti più qualificate e super partes, al fine di privilegiare al massimo la neutralità e l’obbiettività delle posizioni”, si legge nell’introduzione. E, a conferma dell’impostazione non di parte, si ringraziano per i contributi e i suggerimenti molti noti ambientalisti schierati su posizioni antinucleari.

Ovviamente, il testo è totalmente schierato sulle posizioni dei fautori dell’atomo senza alcuno spazio a posizioni critiche. C’è poi un curioso Comitato Guida di otto nomi, che vanno dall’Enel all’Edf (le società che hanno sponsorizzato l’iniziativa), dal deputato del Pdl, Maurizio Lupi, al giornalista Carlo Rossella. C’è anche Fatih Birol, capo economista della Iea che non sappiamo se fosse cosciente del senso di questa operazione mediatica.

Ma veniamo ai contenuti, in particolare gli aspetti economici così enfatizzati dai media. Nel rapporto si ragiona sugli effetti del cambiamento del mix produttivo proposto dal governo, con il nucleare al 25% entro il 2030. E’ evidente che per portare le nostre tariffe (più alte del 25% e oltre) sui livelli europei, il 25% da fonte nucleare non dovrebbe costare niente; anzi dovrebbe avere un prezzo negativo, considerando che nella tariffa elettrica si considerano anche i costi di trasmissione e distribuzione, le tasse, ecc.

Naturalmente il nucleare ha un costo, molto elevato e crescente. Nel rapporto si ipotizza un costo di produzione nucleare pari a 60 €/MWh, facendo riferimento ad una serie di studi, alcuni piuttosto vecchiotti. Se avessero adottato le ultime stime per i nuovi reattori previsti al 2020 contenute nell’Energy Outlook 2010 del governo statunitense, avrebbero constatato che l’elettricità nucleare viene considerata più costosa dell’eolico, del gas e del carbone. Nel 2020 il chilowattora nucleare viene stimato pari a 85 c€/kWh, quindi il 38% in più da quanto assunto nello studio che chiameremo Enel/Edf. Usando questo valore (in realtà circolano stime anche più alte), il nucleare porterebbe quindi ad un aumento e non ad una diminuzione delle nostre bollette.

Ma c’è di più nella fantasiosa relazione. Questo risparmio fittizio (abbiamo visto che in realtà si tratta di un aggravio sulle bollette), viene poi `moltiplicato per quattro’ per considerare i benefici che la riduzione dei costi garantirebbe al sistema paese, arrivando agli 11 miliardi di euro di cui si parla nella Stampa.
Dunque una spregiudicata campagna di marketing che offusca una realtà in forte difficoltà, come evidenziato dal rapporto dell’ex presidente Edf, Francois Roussely, consegnato a luglio a Sarkozy (Qualenergia.it, Nucleare, i problemi di Francia e Stati Uniti) o dalle continue richieste di incentivi pubblici che vengono dalle utilities statunitesi.

Se infatti il nucleare fosse così conveniente, che necessità ci sarebbe di aiuti governativi? Del resto nello stesso rapporto Ambrosetti è inserito un capitolo che pudicamente è titolato “Le possibili garanzie per gli investimenti in campo nucleare” che indica alcune facilitazioni per le aziende che si avventurassero in questo comparto. Mancano peraltro nel capitolo in questione altri importanti aiuti che si stanno mettendo a punto in Italia, come la priorità di dispacciamento (analogamente alle rinnovabili) dell’elettricità atomica generata. Ma se sono così convinti che sia più economica perché si sono cautelati con questo diritto di priorità rispetto alla elettricità prodotta con altre fonti?

Insomma, ci troviamo di fronte ad un caso da manuale di informazione di parte che ha l’aggravante di pretendere di essere super partes; uno studio lautamente finanziato dalle aziende del settore e che dovrebbe essere seguito da una poderosa campagna mediatica governativa per spiegare agli italiani come il nucleare sia sicuro, poco costoso e necessario per il paese.

Gianni Silvestrini
(direttore scientifico di QualEnergia e Kyoto Club)

settembre 14, 2010

Wi-fi minaccia la salute dell’uomo

Il Wi-fi minaccia la salute dell’uomo: frequenze radio alterano regolazione
genica

Wi-fi, WiMax, bluetooth: nuove tecnologie, gioie e dolori. E i dolori
sembrerebbero essere non da poco, se, come spiega Fiorenzo Marinelli,
ricercatore dell’IGM-CNR di Bologna, “gli effetti delle radiofrequenze sugli

organismi sono abbastanza ben documentati: si tratta di alterazioni del
metabolismo e soprattutto della sopravvivenza cellulare e della regolazione
genica”. Marinelli conduce esperimenti su cellule in coltura che vengono
esposte alle frequenze di lavoro dell’Umts (2200MHz), del Bluetooth
(2450MHz) e del Wi-Fi (2.437).

Le cellule, in condizioni normali, sono mantenute in vita da un
bilanciamento dell’espressione dei geni pro-apoptotici (che fanno morire le
cellule) e quelli pro-survival (che spingono le cellule a proliferare): le
frequenze studiate, spiega, “alterano questo bilanciamento”. Vuol dire che
“sregolano i geni che si occupano del ciclo cellulare: possono uccidere
cellule in buona salute o far sopravvivere quelle che diventano tumorali”.

Il nuovo studio – i cui contenuti verranno illustrati alla Camera il 24
settembre, nel corso di un incontro sulle ‘Nuove malattie ambientali’
organizzato dall’associazione Associazione per le Malattie da Intossicazione

Cronica e/o Ambientale (AMICA onlus) – non è ancora concluso. “Irradiando le

cellule in coltura con le frequenze del wi-fi che utilizziamo negli uffici
otteniamo alterazioni profonde della regolazione genica: abbiamo già
risultati in tal senso, che sono in via di ripetizione per conferma”.

Il fatto è, sottolinea, che “i problemi citati vengono indotti se il campo è

abbastanza potente. Ma oltre un anno di esperimenti ci indica che la potenza

non è il solo fattore determinante: la sregolazione dei geni non è data
tanto dalla potenza, quanto dall’informazione portata dalla pulsazione del
segnale. Quindi anche bassissime potenze possono avere effetti drammatici
sulle cellule”. Che fare, dunque, del wi-fi e del bluetooth? “Li metta via”.

07 settembre 2010

testo tratto da:
http://notizie.tiscali.it/articoli/scienza/10/09/wi-fi-minaccia-salute-uomo.

settembre 02, 2010

C’è un nuovo batterio resistente a tutto!

batterioSecondo un report pubblicato sul Lancet, una nuova mutazione che rende i batteri resistenti a quasi ogni antibiotico conosciuto per l’uomo si è diffusa sempre più nel subcontinente indiano ed è già “emigrata” sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti. Poiché la medicina moderna non può fare nulla per fermarlo, il “superbatterio” NDM-1 potrebbe facilmente diffondersi a livello globale.

L’NDM-1 (o New Delhi metallo-beta-lattamasi) è una mutazione genetica che protegge molti dei più comuni batteri nocivi come l’E. coli e la Klebsiella pneumoniae, con una resistenza agli antibiotici che può anche sopportare i carbapenemi, ovvero gli antibiotici utilizzati come ultima risorsa, quando più comuni farmaci oramai non hanno più effetto. Quel che è peggio è che il gene è stato trovato su plasmidi – piccoli pezzetti di DNA in grado di spostarsi facilmente tra i ceppi di batteri. I dettagli dello studio che ha monitorato la migrazione transcontinentale di questa mutazione sono descritti in questo articolo scritto da Tim Walsh per la rivista The Lancet Infectious Diseases.

Le parole che ha usato Walsh non sono per nulla rassicuranti (!!!) “Questa è potenzialmente la fine. Non ci sono antibiotici in cantiere che hanno attività contro gli Enterobacteriaceae con la mutazione NDM 1.”

La cosa preoccupante è che il gene è molto mobile e non ci sono proprio cure per sconfiggere i batteri con il gene mutato ed è quindi quasi impossibile rallentare la sua diffusione. Alternative agli antibiotici, come i batteriofagi potrebbero essere efficaci nel frenare la diffusione, ma nella pratica medica standard antibiotici sono il nostro modo di trattare le infezioni batteriche e, anche se un trattamento sperimentale è risultato essere efficace ci vorrà un bel po ‘ di tempo per farlo approvare.

Nell’articolo del New York Times (che sto usando come fonte per questo post) dicono che in realtà in giro ci sono molti batteri altamente resistenti (l’MRSA ad esempio), ed ogni volta che ne arriva uno nuovo sulla scena batterica, vengono immediatamente prospettate scene apocalittiche salvo poi, dopo qualche mese, rivedere il tutto e dire che c’è solo una minaccia ma che la situazione non è critica (è già successo 10 anni fa quando un batterio molto resistente si diffuse negli ospedali newyorkesi).

Anche io credo sia molto probabile che sia un tantino esagerato dire che non c’è più via di scampo e che moriremo tutti, ma vorrei vedere questa notizia sotto una prospettiva ancora differente. A differenza dell’influenza suina, la cui notizia è servita solo a vendere antibiotici, in questo caso un po’ di sano panico potrebbe contribuire a ridurre l’uso smodato di antibiotici ed infatti, stranamente, i grandi media sembra che non si siano accorti di questa ghiotta notizia.

agosto 21, 2010

“CARA” DOLCE FRESCA ACQUA…

image005E’   passata quasi una settimana  da quando si e’ provveduto  a segnalare  tempestivamente  ad Hera  che  a Roncalceci lungo la strada che conduce a  Ragone vi era  una  probabile fuga di acqua .

Giorni e giorni sono passati ma nulla e’ cambiato.

Come si evince  chiaramente dalla foto allegata scattata ieri 19 agosto, l’acqua evidentemente continua ad uscire in maniera copiosa tanto da formare oramai un vero e proprio acquitrino.

Riteniamo opportuno  evidenziare quanto  sta  ancora accadendo, in quanto  tutto cio’ e’  davvero inammissibile.

Il non porre tempestivamente rimedio alla  fuoriuscita  dell’acqua , che viene anche definita “oro blu”, elemento indispensabile  per  vita  e  per la quale in tante parte del mondo popolazioni stanno morendo si stanno combattendo vere e proprie guerre,   oltre a ricadere  sulle tasche dei  cittadini  / utenti e’  anche  moralmente  inaccettabile.

Cinzia Pasi – Roberta Babini

agosto 07, 2010

“CHE FINE HA FATTO IL BOSCO DI HERA?”

imagesCome imposto dall’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dell’aprile 2008, Hera doveva provvedere entro il 31 marzo 2009 ad effettuare una piantumazione di alberi per un totale di 8 ettari, con lo scopo di  mitigare l’impatto ambientale causato dalle emissioni del nuovo inceneritore.
Premesso che per mitigare tali emissioni ci vorrebbe quasi metà del Parco delle foreste Casentinesi, siamo a metà agosto 2010 e ancora non sono state completate le piantumazioni, anzi per la precisione sembra che ancora non siano stati acquisiti tutti i terreni per raggiungere gli 8 ettari imposti.

Ciò che vogliamo mettere in evidenza è che le prescrizioni in merito non sono state assolutamente rispettate né nella tempistica imposta, né nella metodologia.

Per quanto riguarda la tempistica già dal momento del deposito, da parte di Hera, dell’elenco delle aree che sarebbero state utilizzate per la piantumazione si è aperta una grossa discussione nella zona del Ronco fra i proprietari dei terreni, che non avevano nessuna intenzione di cederli o venderli, e la holding.  Discussione che ad oltre due anni di distanza forse ha trovato una soluzione, ma che non ha fatto rispettare i vincoli temporali e, cosa assai grave, non ci risulta che alcuno degli organi preposti al controllo abbia evidenziato questo fatto e non sia stata commissionata nessuna sanzione. Come purtroppo spesso accade non ci sono né controllori né controllati e queste Società la fanno sempre franca.

Per quanto riguarda la metodologia vogliamo far notare che andando a controllare gli alberi piantati nei terreni in Via Costanzo II, a più di un anno di distanza, le loro dimensioni sono poco più grandi di miseri arbusti, spesso sepolti dall’erba. Stessa cosa per gli altri piantati lungo la via Bagnolina, mentre quelli dietro l’interporto sono completamente sepolti sotto le erbacce, quindi non si riesce nemmeno a capire se abbiano attecchito. In alcuni terreni sono stati piantati alberi talmente vicini gli uni agli altri che si sono seccati subito, mentre in taluni casi siamo addirittura al paradosso perché, se mai cresceranno i nuovi alberi piantati, dovranno esserne abbattuti alcuni già esistenti per far loro spazio…ma allora Hera vuole creare un bosco o fare legna da bruciare?

A questo punto viene spontaneo porsi alcune domande: che effetto migliorativo possono aver avuto queste piccoli piante mal cresciute sulle emissioni dell’inceneritore in questi due anni?
Quanto tempo dovrà ancora passare perché la prescrizione raggiunga veramente il suo scopo? 10 anni? Nel frattempo quante persone ancora si dovranno ammalare?
Quanta CO2  non è stata captata e assorbita da questi rametti?
Conoscendo bene, grazie all’ampia letteratura in merito, la pericolosità di questa sostanza sulla salute e sull’ambiente perché non è stato effettuato nessun controllo rigoroso?

Visto che la Comunità Europea ha approntato un programma che riesce a calcolare esattamente il costo sanitario causato dalle emissioni di questi impianti, chiediamo che venga fatto questo calcolo e commissionata ad Hera una multa di pari importo, in modo da dimostrarci almeno una volta che non solo i cittadini che non rispettano le regole vengono multati.
Chiediamo, inoltre, a questo proposito che la Procura si occupi sia del mancato rispetto delle prescrizioni, sia del mancato controllo da parte degli Enti preposti perché riteniamo non essere giusto nei confronti della cittadinanza la non applicazione di tutte le precauzioni possibili per la tutela della salute.

ASSOCIAZIONE CLAN-DESTINO
347-4162742

luglio 26, 2010

Mozzarella blu. Granarolo sapeva e taceva?

Fonte: http://www.aduc.it/notizia/mozzarella+blu+granarolo+sapeva+taceva_119251.php
Un sopralluogo nella sede della Granarolo, una delle piu’ conosciute industrie alimentari italiane, ha permesso alla procura di Torino di raccogliere prove importanti sulla situazione della ditta tedesca che ha prodotto le ‘mozzarelle blu’: i tecnici della Granarolo, infatti, si erano accorti che in quell’azienda non tutto funzionava a regola d’arte, e avevano scritto i loro dubbi su documenti ora raccolti dagli investigatori. La scoperta e’ stata fatta ieri dagli ispettori di polizia giudiziaria inviati dal pm Raffaele Guariniello nella sede della societa’ italiana.
Granarolo ha avuto frequenti contatti con la Milchwerk Jager Gmbh, dalla quale acquistava del formaggio a pasta filata poi rivenduto come provola dolce. Nel corso degli anni sono stati fatti numerosi ‘audit’ (valutazioni e controlli di dati e procedure) da cui risulta che la ditta tedesca, secondo gli emissari della stessa Granarolo, non rispettava gli standard: nelle carte si parla di ‘non conformita”. In uno dei documenti si puo’ leggere che la Jager, pur ammettendo i rilievi mossi dagli italiani, li ha lasciati ‘irrisolti’ o ‘risolti solo in parte’. Dal materiale raccolto dagli investigatori risulterebbe che Granarolo ha continuato a fare acquisti in Germania perche’ era troppo difficile trovare un altro fornitore.
A partire dallo scorso maggio, nel prodotto – di origine tedesca – ci sono state delle segnalazioni in cui si lamenta la presenza di muffe.